Comando Supremo NATO in Europa: Dichiarazione congiunta del Comandante Generale Breedlove e del Segretario Generale Rasmussen

Pubblicato da Wall Street Journal 18-08-2014

Siamo entrambi cresciuti all’ombra della Guerra Fredda, ai lati opposti dell’Atlantico, ed entrambi ricordiamo quel giorno straordinario in cui è caduto il muro di Berlino. Fino a quel giorno, la NATO aveva fatto in modo che la Guerra Fredda non diventasse “calda”. E da quel giorno, la guerra in Europa è sembrata difficile da immaginare, in quanto gli ex avversari sono diventati alleati della della NATO ed insieme abbiamo lavorato per stabilire un nuovo partenariato con la Russia.

Oggi, un periodo di pace senza precedenti viene minacciato dall’ aggressione della Russia contro l’Ucraina. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, un paese europeo si è introdotto con la forza nel territorio di un altro Paese. Giorno dopo giorno, vediamo le prove di una presenza russa dirompente all’interno del territorio dell’Ucraina, l’ammassarsi di truppe pronte alla battaglia attorno ai suoi confini e di un cinico tentativo di di far passare la Russia come un Paese dispensatore di aiuti umanitari. Il tragico abbattimento di Malaysia Airlines Flight 17 ha dimostrato fin troppo chiaramente le conseguenze globali delle azioni sconsiderate della Russia.

Ma i pericoli del 2014 differiscono dalle minacce della guerra fredda. Essi sono molteplici e più insidiosi. L’instabilità infuria a Sud, con un arco di crisi diffuse dal Nord Africa al Medio Oriente. E la Russia ricorre ad una guerra ibrida, con azioni a sorpresa, commandos segreti e missili di contrabbando.

In questo mondo cambiato, la missione fondamentale della NATO rimane la stessa: difendere il territorio, la popolazione ed i valori condivisi di tutti i suoi membri. Il nostro impegno per la difesa collettiva rimane solida come la roccia. E il nostro lavoro, quali massimi rappresentanti civili e militari della NATO, è fare in modo che la NATO possa continuare a difendere tutti gli alleati contro ogni minaccia.

Abbiamo già raddoppiato le nostre missioni di polizia aerea, schierato più navi nel Mar Nero e nel Mar Baltico e condotto un maggior numero di esercitazioni in Europa orientale. Tutti i 28 alleati stanno contribuendo a questo sforzo difensivo.

Tra poche settimane, in occasione del vertice Nato in Galles, prenderemo le misure necessarie per rendere la NATO più rispondente, più veloce e più flessibile per affrontare le sfide future, da qualunque parte provengano. Questo Piano Di Prontezza ed Azione dovrà avere tre componenti chiave.

Primo, abbiamo bisogno di costruire sui passi che abbiamo già adottate per garantire la sicurezza degli alleati della NATO, e rendere questi sostenibili nel lungo termine.

Secondo, abbiamo bisogno della presenza delle forze della NATO in Europa orientale per tutto il tempo che sarà necessario; aggiornare la raccolta di informazioni e la loro condivisione; aggiornare i piani di difesa e avviare un programma di esercitazioni di ampio respiro, con più attività, di diverso tipo, in più luoghi e più spesso.

Terzo, abbiamo bisogno di aggiornare gli elementi della nostra forza di intervento rapido, la NATO Response Force, per renderli in grado di entrare in azione ancora più velocemente e di agire al primo segno di problemi, prima che scoppi un conflitto. La velocità è essenziale per scoraggiare le minacce improvvise lungo i confini della NATO. Abbiamo anche bisogno di pre-posizionare attrezzature e forniture, in modo che le unità di intervento possano viaggiare leggere ma colpire duro, se necessario.

Avere le capacità giuste, nel posto giusto, al momento giusto può fare la differenza tra la minaccia e la sicurezza, tra la guerra e la pace.

La NATO ha già le attrezzature, le capacità e le competenze di cui ha bisogno per mettere in atto queste strategie, ma saranno necessarie alcune modifiche alle posizioni della nostra forza, posizionamento e infrastrutture sono indispensabili. Questi cambiamenti richiederanno anche continui investimenti in una tipologia moderna e immediatamente disponibile delle forze. Il vertice del Galles è un’ottima occasione per invertire la tendenza in ribasso dei bilanci della difesa e di condividere le responsabilità per la sicurezza in modo più equo.

Siamo convinti che queste misure sono necessarie per adattarsi a un mondo divenuto più pericoloso e per rispondere al doppio gioco della Russia.

Noi continuiamo ad esortare la Russia a fare la scelta responsabile: a riportare indietro le sue truppe, smettere di usare tattiche di guerra ibrida e di impegnarsi con la comunità internazionale e il governo ucraino per trovare una soluzione politica alla crisi.

Ma intanto dobbiamo fare le scelte giuste per la NATO: al fine di garantire che l’Alleanza rimanga pronto, disponibile ed in grado di difendere i nostrinostri cittadini che sono quasi un miliardo. Questo è il nostro obiettivo No.1 al vertice del Galles e ci troviamo uniti nella nostra determinazione.

Invieremo un messaggio inequivocabile: oggi e in futuro, la NATO significa uno per tutti e tutti per uno.

http://aco.nato.int/a-nato-for-a-dangerous-world.aspx

I Rivoluzionari ucraini si arrendono alla corruzione

di Leonid Bershidsky – Bloomberg View 18-08-2014

[L’esperienza di Tetyana Chornovil]

Per il pubblico internazionale, l’Ucraina è oggi non più che il teatro di un conflitto armato ispirato dai russi. I combattimenti, tuttavia, sono limitati a zone che ospitano 6,5 milioni della popolazione totale dell’Ucraina che è di di 45 milioni di abitanti. Anche se il risultato che ne deriverà sarà importante per tutti gli ucraini, c’è una questione ancora più grande: il paese che emergerà dalle macerie sarà migliore, più pulito? Alcuni degli eroi della rivoluzione di Maidan, che ha rovesciato il governo corrotto del presidente Viktor Yanukovych nel mese di febbraio, stanno cominciando ad avere dei dubbi. 

Tetyana Chornovil è una di quegli eroi, una accesa giornalista investigativa ed attivista anti-corruzione il cui pestaggio nel mese di dicembre, a quanto pare per mano di teppisti pro-Yanukovych, ha scatenato un moto di indignazione di massa. Dopo la caduta del regime, è stata messa a capo della politica anti-corruzione del nuovo governo. Ma ora sta per smettere lasciare l’incarico, come ha annunciato in una lungo articolo su pravda.com.ua, dicendo che la sua presenza nel governo è “inutile”: “Non c’è la volontà politica in Ucraina per un intransigente guerra su vasta scala contro la corruzione”, ha scritto, lamentando che tutte le sue iniziative siano annegate in una “palude burocratica” e che il primo ministro Arseniy Yatsenyuk non è interessato ad attaccare gli interessi commerciali degli oligarchi ucraini per evitare una campagna di denigrazione da parte dei media controllati dagli oligarchi.

L’amarezza e il senso di inutilità che traspare nelle affermazioni dellai Chornovil sono amplificate dalla morte del marito, Nikolai Berezovoy, ucciso in una azione militare nei pressi di Donetsk. Il suo non è un caso isolato, però: meno di due settimane fa anche Andriy Parubiy, capo della Difesa e del Consiglio di Sicurezza Nazionale ha rassegnato le dimissioni.

Durante le proteste invernali, Parubiy è stato na figura importante a capo delle forze di autodifesa di Maidan che ha combattuto nelle strade e sulle barricate la polizia antisommossa di Yanukovich. Egli ha tuttavia rifiutato di commentare le sue dimissioni, dicendo che sarebbe “inaccettabile” mentre il suo paese è in guerra. La versione che si sente in giro a Kiev, tuttavia, è che Paruby volesse che il presidente Petro Poroshenko fosse ancora più duro di quello che è nella lotta contro i ribelli separatisti in Ucraina orientale, nonché nel contrasto alla propaganda russa.

Chornovil e Parubiy non sono noti per la loro abilità di gestione. Potrebbe trattarsi solo di un fatto naturale che dei radicali romantici che stavano sulle barricate lo scorso inverno e poi hanno ricevuto incarichi di governo in riconoscimento del loro merito, ora dovrebbero farsi da parte e lasciare fare a dei professionisti il loro lavoro. Il problema è che le persone che conferiscono potere al nuovo governo e hanno votato per Poroshenko, hanno molte delle stesse idee romantiche esattamente come Chornovil e Parubiy, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla corruzione e la radicalità e la velocità delle riforme necessarie in Ucraina.

Kakha Bendukidze, il miliardario libertario che ha rinnovato il sistema di regolamentazione normativa in un’altra ex repubblica sovietica, la Georgia, ha parlato per molti di questi idealisti alla fine del mese scorso e ha detto che il governo ucraino non si rende conto di quanto poco tempo ci sia per ottenere miglioramenti visibili nella riduzione del peso delle tassa e nello smantellamento della burocrazia soffocante che così tanto ha stancato la Chornovil. “Cosa succederà quando i ragazzi che ora combattono nell’est torneranno a casa?” ha chiesto durante una conferenza pubblica a Kiev. “Dove sono le riforme, dove sono i cambiamenti? Vi busseranno sulla fronte ragazzi e non vi prenderà in considerazione come uomini.”

Tuttavia gli ucraini segnalano alcuni miglioramenti in campo normativo: non si rilevano più tante pressioni per il pagamento di tangenti, il sistema degli appalti pubblici è ora più trasparente, e il governo ha proposto di ridurre il numero delle imposte aziendali da 22 a nove. Ma l’Ucraina è ancora un paese incredibilmente corrotto e ostile al business. Oggi, uno dei più grandi importatori di vino della nazione, Wine Bureau, ha accusato i Servizi di Sicurezza Ucraini e il Ministero dell’Economia di voler estorcere una tangente, chiedendo che l’azienda ottenga dai i suoi partner commerciali il servizio per incollare i bolli delle accise ucraine sulle bottiglie di vino invece di farlo attraverso una azienda di logistica. La richiesta è irragionevole – perchè molti dei produttori di vino mancano delle attrezzature necessarie – ed inutile da un punto di vista fiscale, perché il governo riceve comunque il gettito fiscale quando Wine Bureau acquista i bolli delle accise. Il governo, tuttavia, ha usato questo come pretesto per impedire a Wine Bureau di ricevere nuove forniture.

“Abbiamo deciso che chiuderemmo piuttosto i nostri negozi anzichè pagare una tangente”, ha dichiarato l’azienda sulla sua pagina Facebook.

L’Istituto Legatum, un think tank di Londra, ha scritto in un recente rapporto sull’Ucraina: “Con così tanti funzionari che restano nei loro vecchi posti di lavoro, molti dei vecchi schemi che rimangono in vigore come legali e con i tribunali, la polizia e i pubblici ministeri non in condizione di punire i trasgressori, gli ucraini temono che le conquiste della rivoluzione non sono ancora raggiunte. la loro battaglia per costruire uno stato onesto, già complicata dai disordini nel sud-est, rimane estremamente complessa e tutt’altro che finita.”

Vincere questa battaglia richiederà la volontà politica che la Chornovil ha trovato carente e l’aiuto dall’Occidente nelle indagini sull’accumulazione di ricchezza illecita della famiglia e dei compari di Yanukovich e nella creazione di controlli anti-corruzione per il nuovo governo. In un modo o nell’altro, i combattimenti in Ucraina orientale si concluderanno e il paese avrà bisogno di ricostruire le economie delle regioni devastate e rattoppare un enorme buco di bilancio che ora è chiuso con gli aiuti occidentali. Forse i romantici della rivoluzione d’inverno andranno sulle barricate di nuovo se la parte “tranquilla” dell’Ucraina non riuscirà a cambiare sul serio prima che finalmente la pace arrivi ad Est del Paese.

http://www.bloombergview.com/articles/2014-08-18/ukraine-s-revolutionaries-surrender-to-corruption

I fatti sanguinosi del 18-20 Febbraio 2014 a Kiev

di Euromaidan Italy – Kyiv

In ossequio alla conclusione, in soli tre mesi, dei lavori condotti dalla Commissione Parlamentare di Indagine presieduta da Gennady Moskal, sulla strage avvenuta a Kiev nello scorso mese di Febbraio ad opera delle unità speciali governative, pubblichiamo una ricostruzione degli avvenimenti come descritti nella nostra pagina nei giorni immediatamente seguenti l’eccidio.

 

Nei due giorni dal 18 al 20 Febbraio 2014, si è registrato un forte aggravamento della tensione nelle strade della capitale ucraina e, in particolare, nelle vie del centro storico, nella Piazza dell’Indipendenza (Maidan Nezalezhnosti) quartier generale e sit-in permanente della protesta e nelle vie Hrushevskogo e Instytutska, che costituiscono le arterie di accesso che da Maidan portano alla “zona  governativa”, dove sono allocate le sedi della Presidenza della Repubblica (Bankova) del Governo (Gabinetto dei Ministri) e del Parlamento (Verhovna Rada).

La protesta era iniziata con poche decine di persone a metà Novembre, circa una settimana prima che il Presidente Yanukovich rifiutasse la firma dell’accordo di associazione con l’UE a Vilnius. Poi, dalla notte del 30 Novembre (in cui il Ministero degli Interni ha deciso un sanguinoso assalto per la dispersione dei manifestanti eseguito dalle truppe speciali antisommossa chiamate Berkut (Aquile Reali) alle 4 del mattino contro studenti e anziani che dormivano all’aperto) Maidan è divenuta la sede permanente della protesta antigovernativa e il simbolo del movimento popolare rivoluzionario denominato Euromaidan.

Il precipitare della crisi (che oltre alla vile repressione del 30 Novembre a Maidan, aveva avuto già forti recrudescenze, per via di ulteriori attacchi dei Berkut contro i manifestanti, la notte del 12 Dicembre a Maidan e il 21-22 Gennaio in Via Hrushevskogo, dove i Berkut hanno sparato ad altezza uomo uccidendo e ferendo numerosi manifestanti) è stato causato dalla decisione dei vertici di governo  (Capo del Governo e Ministro degli Interni) e dal Presidente Yanukovich di attuare lo sgombero definitivo della protesta. Uno sgombero che era stato più volte paventato dai manifestanti e minacciato da parte governativa, oltre che palesemente auspicato da diverse fonti di provenienza governativa russa (giornalisti, deputati, ministri, ambasciatori, dichiarazione del presidente e del capo del governo).

A questa operazione è stato dato corso mediante una strategia che, in sostanza, si è verificata tendendo delle trappole sia ai manifestanti che all’opinione pubblica con una tattica realizzata in due tempi (il 18 e il 20 Febbraio):

1 – il 17 Febbraio erano stati concordati con l’opposizione due giorni di tregua e il 18 sono avvenute delle provocazioni che hanno portato a scontri che a loro volta hanno dato occasione alle forze governative di accerchiare il centro della città, bloccare la metropolitana, chiudere gli accessi esterni alla città per impedire ad altri manifestanti di entrare a Kiev, per poi stringere la morsa su Maidan la notte tra il 18 ed il 19 ed attaccare massicciamente la protesta sui vari fronti di resistenza protetti dalle barricate (Hrushevskogo, Maidan, Instytutska).

2 – il 20 era stata proclamata dal Yanukovich una giornata di lutto nazionale per le vittime cadute nell’attacco della notte tra il 18-19 Febbraio ma di fatto sono stati armati i Berkut di Kalashnikov e sono state dislocate truppe governative sui tetti e sulle alture sopra le vie del centro per mirare ad altezza uomo sulla gente in piazza, comprese infermiere e medici volontari, oltre a ragazzi ed agli anziani ed anche diversi poliziotti presenti sulle strade (tutti i feriti e le vittime hanno riportato ferite dritti al collo, al torace ed alla testa, a riprova del livello di precisione di cui erano capaci i tiratori selezionati per questo incarico).

Di fatto, come pubblicato da Ukrainska Pravda e poi da Kyiv Post, citando quanto affermato dal deputato di opposizione Gennady Moskal (poi divenuto Presidente della Commissione Parlamentare di Indagine sui fatti avvenuti a Kiev tra il 18 e 20 Febbraio scorsi), si è trattato di due ben definite operazioni studiate attentamente per porre fine alla protesta e che hanno avuto come registi il Ministero degli Interni, ed in particolare il Ministro Vitaly Zaharchenko (la prima) e il Centro Anti-Terrorismo dei Servizi di Sicurezza ucraini (la seconda). La prima azione (denominata in codice  Surge, cioè Ondata) aveva lo scopo di creare il panico e aprire le frontiere attraverso le barricate che circondavano Maidan, preparando la strada alla seconda (denominata in codice Boomerang) che avrebbe avuto luogo nella notte e avrebbe disperso la Piazza e la protesta, annullando le roccaforti di questa che si trovavano nel palazzo dei Sindacati (a Maidan), che è stato incendiato con moltissime persone ed un ospedale presenti all’interno, e il Palazzo di Ottobre (su una piccola collina subito sopra Maidan, all’inizio della Via Instytutska).

Non essendo riusciti a compiere tutto in due giorni, il 20 Febbraio nonostante l’annuncio del lutto nazionale da parte del presidente Yanukovich, si è proceduto ad un attacco senza precedenti in Ucraina contro la popolazione manifestante, portato avanti principalmente da cecchini delle truppe speciali governative, dai Berkut antisommossa (nei quali ranghi pare dimostrato siano stati inseriti dei detenuti per reati gravi appositamente liberati per essere reclutati) e da una folta schiera di teppisti e criminali di strada mercenari che il Ministero degli  Interni ha provveduto a trasferire a Kyiv con autobus e treni e che hanno lavorato d’intesa con la polizia e con le altre forze dell’ordine speciali in armatura dislocate a presidiare il centro.

Tutto questo, ripreso da numerosissimi video e fotografie ufficiali ed amatoriali, ha portato ad un bilancio immediato di 77 morti e 370 feriti gravi e 580 che hanno richiesto cure mediche. Bilancio che purtroppo è successivamente cresciuto di molto, superando il centinaio di vittime accertate, solo sulle strade (cui vanno sommate quelle disperse, rapite dagli ospedali, picchiati, incendiati negli attacchi al Palazzo dei Sindacati, etc.)

Questo eccidio deliberato ha portato ad una definitiva reazione da parte dei parlamentari e ad una fase di svolta immediata, in pratica: molti deputati del Partito delle Regioni (il partito del Presidente Yanukovich) sono fuggiti in aereo lasciando la nazione mentre altri hanno lasciato il partito rassegnando dimissioni sia a livello centrale che presso i governi regionali. Lo stesso hanno fatto molti funzionari ed alcuni oligarchi sostenitori del Presidente, in particolare il famigerato Rynat Akhmetov che ha lasciato l’Ucraina per farvi ritorno solo molto tempo dopo.

Questa defezione di massa ha consentito ai partiti di opposizione di compattare una maggioranza parlamentare che ha immediatamente dato luogo ad una risoluzione della Verhovna Rada (camera unica nazionale) che di fatto ha tagliato fuori il Presidente dalle decisioni che possono creare danno alla popolazione.

La decisione del Parlamento dell’Ucraina presa a maggioranza dei deputati presenti conteneva i seguenti punti:

1. Rientro nelle caserme di tutte le formazioni militari presenti da mesi a presidiare la capitale. 2. Divieto di usare alcun tipo di arma contro i cittadini ucraini. 3. Conclusione delle operazioni anti-terrorismo contro i manifestanti. 4. Denuncia alla Procura Generale di tutte le morti di civili ed altre evenienze violente che avevano causato vittime per l’individuazione e la condanna dei colpevoli. 5. Risarcimento e sostegno alle vittime ed alle loro famiglie. 6. Liberazione degli attivisti reclusi ingiustamente e chiusura dei casi pendenti di sedizione e terrorismo. 7. Rimozione di ogni blocco del traffico e dei trasporti pubblici. 8. Il Parlamento diventa l’unica autorità che, in via esclusiva, potrà proclamare uno stato di emergenza.

Queste decisioni sono state prese ed appartengono ad una deliberazione legittima del Parlamento ucraino che non costituiscono legge ordinaria, perciò sono espressione del volere del popolo sovrano e non richiedono l’apposizione di alcuna firma da parte del Presidente del Parlamento o da parte del Presidente della Repubblica, pertanto le decisioni prese sono diventate effettive, legali ed immediatamente esecutive.

Importanti e significativi da segnalare sono stati alcuni aspetti :

  1. L’assenza delle due cariche più importanti della Rada, il presidente Rybak e il primo deputato Kaletnyk, così  come di 167 deputati del Partito delle Regioni e tutti assenti i deputati del partito comunista ucraino. Quindi la maggioranza è stata ottenuta grazie alla presenza dei 3 partiti di opposizione, più alcuni deputati indipendenti e altri deputati che hanno abbandonato il Partito delle Regioni. Tutti gli altri erano fuggiti.
  2. Questa risoluzione parlamentare non poteva essere bloccata da Yakunovych, che nel frattempo era fuggito pure lui subito dopo aver annunciato finalmente la propria apertura a elezioni presidenziali entro dicembre e ad un ritorno alla Costituzione del 2004 con una più adeguata ridistribuzione dei poteri verso una repubblica parlamentare (In ogni caso non sarebbe stato chiaro cosa sarebbe potuto accadere se Yakunovych avesse emesso un decreto presidenziale di cancellazione della risoluzione del Parlamento).

In seguito a quanto sopra, altri 28 deputati del Partito delle Regioni hanno confermato le proprie dimissioni dal partito e ulteriori decisioni della Rada hanno revocato l’incarico del Ministro degli Interni Zakarchenko (responsabile dei maggiori crimini contro la popolazione e contro l’umanità commessi nei mesi precedenti e fino ai giorni immediatamente precedenti con la strage dei manifestanti) e richiesto la liberazione di Yulia Tymoshenko.

Ovviamente da quel momento in poi si sono avute le reazioni dirette del regime di Putin, l’invasione della Crimea e, in particolare, una vastissima guerra di disinformazione passante attraverso la maggior parte dei media europei, con grande impatto in Italia, Germania ma anche Francia ed Inghilterra.

Questa guerra, genericamente definita come “propaganda russa”, ha sistematicamente ricostruito i fatti da una diversissima prospettiva ideologica e soprattutto giornalistica, distorcendo ed invertendo gli avvenimenti ed arrivando ad asserire il diritto di invasione del territorio ucraino per la difesa delle minoranze etniche russe e la guerra santa russa contro l’insorgente nazifascismo in Europa, dovuto proprio al “golpe ucraino” denunciato sulla base dei fatti sopra esposti. Secondo le ricostruzioni fatte dai media russi, infatti, sarebbero stati gli esponenti dell’opposizione in accordo con gli attivisti più esaltati del Praviy Sektor e con la complicità delle ambasciate occidentali ad inscenare una strage dei manifestanti per poter poi impossessarsi forzosamente del potere in Ucraina, imponendo una cd. Junta  golpista al governo del paese per reprimere le proteste antifasciste nelle regioni dell’Est (che proprio in quel momento erano del tutto tranquille peraltro e lo sono rimaste fino all’invio di unità di intelligence militare russa e di gruppi di terroristi separatisti, che hanno creato vasti disordini cercando di porre le basi per replicare quello che era successo nel frattempo in Crimea). Ma questa è tutta un’altra storia…

 

Tattiche di guerra ibrida e strategia della disinformazione

di Euromaidan Italy – Kyiv

[Uno sguardo alla propaganda russa nei media italiani]

Come è ovvio (anche se di rado ciò viene adeguatamente valutato) leggere articoli di stampa o vedere servizi televisivi di fatti che si conoscono per esserne stati testimoni è cosa ben diversa da quando si apprendono notizie senza conoscere direttamente gli avvenimenti.. E purtuttavia quando apprendiamo le notizie dai media, ciascuno di noi si fa una opinione, che poi gradualmente diventa convinzione e si radica nella nostra percezione della realtà. Questa semplice osservazione è una regola d’oro per chi lavora su come manipolare l’opinione pubblica, vale a dire per chi si occupa di propaganda politica, il cui obiettivo non è quello informare bensì possedere le opinioni degli altri ed orientarle secondo i propri scopi propagandistici.

Ciò corrisponde esattamente ad una delle tre tattiche messe in atto dal regime russo nell’ambito di una più ampia strategia per il dominio in Ucraina ed Est Europa, uno dei quadranti geopolitici più decisivi per la supremazia energetica e politica a livello mondiale, che vede nell’Italia (e nel semestre italiano per il coordinamento delle politiche economiche europee) uno degli obiettivi di disinformazione più importanti e, al contempo, facilmente gestibili.

L’Italia, in particolare, e l’Europa in generale, attualmente sono bombardate dall’impatto della prima tattica realizzata mediante una campagna di disinformazione strutturata di tale intensità che definirla semplicemente  “propaganda” risulta riduttivo e fuorviante. In realtà si tratta di una guerra a livello mediatico tendente ad attenuare l’impatto sociale presso l’opinione pubblica di diversi Paesi europei, delle ingiustizie commesse dal regime russo  e, soprattutto, ad evitare eventuali proteste contro i governi che prendono decisioni economiche e politiche a favore di questo regime (come di recente hanno fatto Francia, Germania ed Italia).

La seconda tattica (parallela alla guerra mediatica) è la pressione ed il ricatto economico nei confronti dei governi di questi Paesi Europei, affinchè prendano decisioni favorevoli al regime russo ed attenuino l’isolazionismo politico-economico e la possibilità che vengano applicate nuove sanzioni contro la Russia.

La terza tattica è quella di sostenere militarmente, finanziare e armare il terrorismo secessionista in Ucraina per destabilizzare il fragile equilibrio del Paese nella difficilissima fase storica che questo attraversa, obbligandolo alla guerra, fornendo armi, denaro, intelligence e coperture ai terroristi e poi, di recente, sferrando anche attacchi aerei e di artiglieria pesante contro le Forze Armate, i civili ed il territorio ucraino. L’errore fatale dell’abbattimento di un aereo civile malese, commesso di recente a causa di questa strategia ha cominciato a smascherare del tutto il piano strategico del regime russo, aprendo una nuova fase, probabilmente definitva, di “cambiamento” nelle regole del gioco accettato da molti Paesi europei, e di “consapevolezza” (finalmente) da parte dell’opinione pubblica sonnolenta del Vecchio Continente.Solo adesso, purtroppo al costo altissimo di tantissime vite umane bruciate dal lancio di un missile che doveva uccidere solo ucraini, e colpevolmente tardi rispetto a quanto si sarebbe dovuto fare prima senza attendere anche questa strage (oltre a quella dei manifestanti a Kiev ed a quelle quotidiane di tanti civili nel Donbass), la gente in Europa comincia a rendersi conto che quello che viene scritto dalla maggior parte dei media non corrisponde molto spesso alla realtà.. Una presa di coscienza che costringe finalmente i capi di Stato europei a dismettere la veste ipocrita dell’equidistanza ed a prendere posizioni per combattere i crimini di un regime, come quello russo, che fa da sempre della manipolazione dell’informazione e del fiancheggiamento di terroristi, un’arma imperialista di oppressione, invasione e dominio su altri Stati confinanti in pieno Continente Europeo.

In riferimento esclusivo al primo livello di questa triplice strategia, vale a dire quello della guerra dell’informazione, poniamo di seguito delle domande finalizzate a consentire una seria riflessione sui temi trattati in articoli spacciati per giornalismo, in riferimento alla situazione in Ucraina e, in particolare, nei confornti degli ucraini residenti in Italia, che sono stati impunemente pubblicati dalle testate di importanti gruppi editoriali italiani (insospettabili di qualunque forma di simpatia per i regimi autoritari ed autocratici).

Questi temi corrispondono ai principali motivi conduttori di ciò che è stata definita come “propaganda russa” e che viene costantemente propalata da moltissimi commentatori, giornalisti, blogger, pagine facebook, televisioni online, analisi politiche ed, inoltre, da quelli che dovrebbero essere autorevoli commenti di esperti e scrittori provenienti o conoscitori delle aree geografiche e delle culture politiche in questione e che, come detto sopra, vengono accolti in sedi che tradizionalmente dovrebbero rifuggire da siffatte campagne di odio e spregio per la benchè minima dignità del ruolo dell’informazione. Nei fatti, tutto questo corrisponde ad una vera e propria strategia basata su video, ricoostruzioni giornalistiche, approfomenti storico-culturali e riferimenti ideologici ben definiti ed al contempo molto diffusivi per cogliere i profondi elementi di dissenso, contestazione, anti-americanismo, focolai di neofascismo e/o vetero-comunismo ma, soprattutto, antieuropeismo che fortemente attraversano le società di molti Paesi europei afflitti dalla più grande crisi economico-politica dal dopoguerra.

In base a queste forme di guerra mediatica, l’Ucraina, l’attuale Governo ed il nuovo Presidente della Repubblica ucraino, vengono regolarmente accusati di: essere complici di stragi dei propri cittadini (a Kiev ed Odessa, per non parlare di Donetsk, Luhansk e Mariuopol); di aver derubato il Paese svendendo le proprietà e le risorse energetiche nazionali ad oligarchi stranieri (in particolare americani); dell’incendio della sede dei sindacati avvenuta in Piazza dell’Indipendenza o Maidan a Kiev; di genocidio delle proprie popolazioni ad Est dell’Ucraina; di “golpe” con relativa instaurazione di una “junta” di governo di stampo fascista basato sull’utilizzo di milizie neonaziste che hanno centro nel gruppo dionominato Praviy Sektor (Settore Destro); di agire in combutta con i servizi segreti e finanziatori occulti stranieri (anche per il compimento di stragi); di ufficializzare simboli nazisti e revanchisti di antiche aspirazioni nazionalsocialiste; di apologia di boia nazisti del passato; di dotarsi di ambasciatori sfacciatamente fautori e rappresentanti del golpismo ucraino; di diffondere in Europa ed in Italia, in particolare, forme di xenofobia, odio etnico e rischio di attizzare guerre fratricide nei Paesi europei in cui sono presenti cittadini ucraini, etc.

Ora, di fronte a questo sfoggio di etica dell’informazione e di rigore per la verità e per i riscontri oggettivi dei fatti, sarebbe utile porsi delle questioni per capire quali dei punti citati in questi temi sarebbero attribuibili all’attuale governo o alla situazione politica (peraltro transitoria, in cui si trova l’Ucraina dopo la Rivoluzione di Maidan. Vale a dire:

Quale svendita della proprietà nazionale e a quali oligarchi occidentali? Se non lo scempio che Yanukovich e la sua cricca al soldo di Putin hanno fatto dell’esercito, della sanità, degli accordi sui costi del gas, nella gestione di affari privati sul petrolio condotti dal figlio dello stesso presidente e dall’oligarca 28enne Kurchenko, con la complice copertura del Procuratore Generale Pshonka (fuggito lo stesso giorno di Yanukovich assieme al criminale che presiedeva il Ministero degli Interni Zakarchenko). Altri esempi possono essere reperiti anche per quanto riguarda il monopolio di media e di molte agenzie statali privatizzate nella mani di uno dei principali prestanome di Putin, quale l’oligarca Firtash (poi arrestato dall’FBI). Ovviamente lo stesso Yanukovich faceva affari personali anche con partner occidentali e americani come la Shell, accordi in cui c’era ben poco oltre gli interessi personali dell’ex-presidente… Ed è esattamente questo che Maidan e gli ucraini hanno voluto abbattere…anche se sarà lunga la strada per un autentico cambiamento delle regole.

Quale colpo di grazia all’economia nazionale? A parte il crollo della moneta e del già fragile assetto economico del Paese, dovuto alla disastrosa amministrazione e poi alla rovinosa fuga di Yanukovich a seguito della protesta per la invisa scelta di non aderire al trattato di associazione con l’UE, poi sfociata in rivoluzione a seguito di una durissima repressione da parte di tutte le forze di polizia e squadre speciali antisommossa durata tutto l’inverno e causa di moltissime vittime tra la popolazione civile.

Quale smantellamento dei sindacati provocato da roghi da parte di unità neonaziste? Visto che il palazzo dei sindacati è stato incendiato dai Berkut nel corso del sanguinoso attacco ai manifestanti la notte tra il 18 e 19 febbraio 2014. Dentro c’erano anche ospedali da campo che hanno curato i feriti fino all’ultimo momento (compreso l’attuale ministro della salute che è rimasto ad operare i feriti in emergenza mentre tutto andava in fiamme).

Quale pilotaggio da parte di quali organizzazioni governative avrebbero condotto fantomatici tifosi di calcio ad accendere roghi o quant’altro di simile? Ci si rende conto che al momento dei fatti di cui sta parlando, il governo e le eventuali organizzazioni governative autrici di misfatti erano rette da Azarov e tutto passava per gli ordini diretti di Yanukovich??

Quali genocidi di massa sono stati compiuti? Ci sono delle azioni militari per sottrarre vaste regioni del Paese a dei sobillatori mercenari armati fino ai denti dal regime russo e da diversi oligarchi ucraini (tra cui lo stesso Yanukovick ed il suo amico Akhmetov) che non fanno altro che depredare, assaltare, rapire, ricattare, sottomettere la popolazione…la quale non chiede altro che restare tranquilla, più o meno come viveva prima prima che Putin prendesse di mira la Crimea e tutte le regioni produttive dell’Est Ucraina. Semmai pare strano come mai criminali ed esperti russi di intelligence militare presenti nel Donbas, come Stryelok, Bes ed altri, sfuggano sempre magicamente agli accerchiamenti e continuino a gestire il loro comando sulle varie bande dislocate nel territorio dotati di ogni tipo di rifornimento bellico di provenienza russa (come ampiamente accertato)…

Quale golpe sarebbe avvenuto a Kiev? Qui c’è stata una rivoluzione con decine di migliaia di persone in piazza permanentemente, nessuno dei manifestanti è mai riuscito ad entrare nella zona governativa, tantomeno nei palazzi di governo, perché questi erano presidiati da migliaia di uomini in assetto antisommossa giorno e notte a formare una cintura su tutta l’area, sostenuti poi da centinaia di teppisti armati (fatti arrivare dal Sud e dall’Est Ucraina e pagati dagli oligarchi vicini a Yanukovich) che scorazzavano per il centro seminando distruzione e disordine in combutta con la polizia e le forze speciali. I golpe, come purtroppo ci ha insegnato la Storia sia in Europa che in America Latina, sono dei colpi di stato messi in atto dall’esercito o da forze armate regolari che si impossessano delle sedi tv e governative, sequestrando i capi dell’opposizione e stabilendo un regime di terrore (in pratica molto simile a quello che vige in Russai, con l’unica differenza che lì non c’è stato bisogno di fare uso dell’esercito perché è bastato manipolare risultati elettorali e candidature, esattamente come in Crimea).. Questo golpe a Kiev, gli attenti, eruditi ed obiettivi commentatori della propaganda dove lo hanno visto??

Quale ufficializzazione dei simboli nazisti? Dove l’avrebbero vista questa ufficializzazione i suddetti analisti? Ci sono mai stati a Kiev negli ultimi sei mesi? Se qualcuno volesse proprio parlare, pontificare e denunciare fatti avvenuti in Congo, per esempio, dovrebbe avere la decenza di recarsi personalmente in Congo, non sfoggiare conoscenze che non ha, documentandosi solo su internet e magari foraggiandosi da fonti palesemente e rinomatamente preda della più grande azione di propaganda politica in Europa dopo quella messa a punto da Goebbels nella Germania nazista. Non è infatti un caso che Putin ammiri Goebbels e lo abbia pubblicamente definito “un uomo di talento, che e’ riuscito a raggiungere i traguardi prefissatisi”…. Utilizzando, come gli stessi esecutori di propaganda provano scrivendo queste indecenze, la massima dello stesso Goebbels secondo cui: “quanto più irreale e’ la menzogna, tanto più in fretta la gente la riterrà vera”…

Per quanto riguarda, poi, il simbolo del battaglione Azov, bisognerebbe capire che l’esercito si è appena ricostituito dopo la devastazione mirata effettuata dal governo precedente, e viene affiancato da battaglioni di varia e spesso estemporanea provenienza, giunti dai vari gruppi e sotnie presenti a Maidan, che si fregiano di simboli svariati che non significano poi niente nei fatti o, nella maggior parte dei casi, si rifanno alla simbologia delle antiche tradizioni slave, come quella dei Poljani o agli ordini cavallereschi cosacchi. Inutile aggiungere che la svastica è un simbolo ariano che è presente in tutta la cultura greca e che, peraltro, la stessa Ragione Sicilia, nella Trinacria, adotta una svastica. Diversamente dovremmo mettere sotto accusa tridenti, aquile, fulmini, spade, gladi e tutto l’armamentario dei simboli militari di tutto il mondo.

Nessuno vuole negare qui le propensioni nazionaliste di un popolo, come quello ucraino, che sta difendendo la propria terra, da una invasione e dal terrore indotto da rapimenti, violenze, bombardamenti da oltre frontiera e sovvenzionamenti in denaro ed armamenti a criminali che infestano parte del Paese. Pertanto è vile e strumentale attribuire ad un idiota revanchismo nazionalsocialista, i richiami alle tradizioni ed al patriottismo di un battaglione o di alcuni gruppi che hanno partecipato alle manifestazioni di protesta e adesso si trovano costretti a difendere l’integrità del suolo nazionale con la vita.

 

Chi farebbe l’apoteosi di Bandera? A parte il tema degli sparuti gruppi di nazionalisti ravvivatisi con l’eco della rivoluzione a cui nessuno fa caso (come dimostrato dal risultato elettorale di Praviy Sektor), per quanto riguarda Bandera, si tratta di un nazionalista ucraino semisconosciuto in Europa che, adesso, è diventato famoso più che altro per l’esaltazione negativa che ne fa la propaganda nel tentativo delirante di volergli attribuire crimini di cui non si mai reso responsabile.

Che boia nazista sarebbe stato Bandera? Chi avrebbe ucciso? Se questi eruditi commentatori conoscessero la storia saprebbero (come molto probabilmente sanno in realtà) che Bandera aveva provato a chiedere aiuto alla Germania nazista vedendoci la possibilità di ricevere sostegno da uno stato forte che poteva rappresentare un’ancora di salvezza per il suo popolo contro i genocidi messi in atto da Stalin con lo sterminio (Holodomor) delle popolazioni rurali dell’Ovest Ucraina (come di altre parti dell’Ucraina e della Russia stessa, allora tutte comprese nell’Unione Sovietica). I nazisti peraltro non erano certo noti allora per i crimini scoperti solo dopo la fine della guerra. Tuttavia Bandera è stato tradito ed rinchiuso in un campo di concentramento dagli stessi nazisti cui si era rivolto dopo neanche 2 settimane dal loro arrivo in Ucraina per poi essere liberato alla fine del conflitto ed ucciso dal KGB per avvelenamento.

Come si fa a definire un ambasciatore, rappresentante del potere golpista, di un golpe che non è mai esistito? In un blog, sorprendentemente pubblicato nel sito de L’Espresso, un commentatore asserisce quanto sopra, come avvenuto all’Università di Catania. Ci si chiede dunque con quale coraggio si possa affermare che un Ambasciatore possa aver gridato in pubblico Viva Bandera (o qualunque altro tipo di personaggio o di apologia in pubblico). Ve lo immaginate un diplomatico che grida in pubblico, soprattutto un ucraino nella complessa fase storico-politica che vive attualmente il suo Paese? Peraltro senza essere udito da nessuno degli attenti giornalisti presenti ma solo dal commentatore di cui sopra, che magari non era neanche presente. E chi sarebbero questi antifascisti catanesi che avrebbero assediato l’Università? Si da il caso che Catania sia sempre stata rinomata per la gioventù neofascista più che per l’esistenza di un fervente movimento antifascista. Ci chiediamo a cosa sia dovuto questo improvviso slancio di sinistra..

Chi porta in Europa xenofobia e razzismo, mascherandolo da democrazia? Se non gli stessi propalatori di queste indecenze cronistiche e storiche? Quando poi molti di questi “commenti” sono doviziosamente corredati di foto generiche di manifestanti neonazisti (magari di San Pietroburgo, Mosca o qualunque altra città europea ammorbata da questo genere di manifestanti) oppure di antiche foto di collaborazionisti ucraini (come se non ne fosse piena la storia di tutti i Pesi europei) per aizzare odio contro gli ucraini (che almeno avevano la giustificazione morale di voler sfuggire a Stalin). Chi aizza l’odio se non la folta schiera di seguaci ciechi delle agenzie di stampa russe che ormai ha invaso i blog ed i commenti su tutta la stampa italiana? Si veda, come esempio unico dei moltissimi casi documentati, la replica della giornalista Roberta Zunini alle minacce (in questo questa autentiche) subite per avere scritto servizi sull’Ucraina con la sola colpa di essersi recata personalmente sul posto prima di scrivere le sue cronache:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/28/ucraina-alle-accuse-di-nazismo-rispondo-con-le-parole-di-pertini/1043090/

Questa moltitudine organizzata di commentatori del falso e della disinformazione continuano da mesi ormai  ad asserire verità che sono state comprovatamente distorte dai media russi su fatti accaduti a Mariuopol o ad Odessa, attribuendoli a una delirante collaborazione tra neonazisti locali, agenti del nuovo governo e servizi segreti americani…continua a vedere genocidi e fucilazioni di massa o, di recente, anche crocifissioni di bambini davanti agli occhi dei genitori (come qualche giorno fa riportato da Slovyansk) che sono vere solo nei deliri antiucraini dei media russi (naturalmente le uniche fonti giornalistiche di riferimento per tutti questi propalatori di menzogne). I racconti poi continuano con  esecuzioni sui letti di ospedali che, in verità, sono state documentate a Kiev nel corso della rivoluzione ma in quanto perpetrate dai Berkut (che irrompevano negli ospedali dove erano ricoverati i feriti gravi e li arrestavano, in quanto evidentemente presenti agli scontri, staccandoli a forza dagli strumenti di rianimazione per poi abbandonarli in luoghi fuori città a morire)….

Si arriva persino ad asserire con grande sicurezza che il fotografo Andrea Rochelli ed il suo assistente Andrey Mironov siano stati uccisi dagli ucraini…ma ancora una volta ci si chiede con quali prove? Dato che è stato poi riscontrato come siano stati uccisi da colpi di mortaio sparati all’impazzata nella zona in mano ai filorussi mentre le forze ucraine hanno dimostrato che in quel giorno non sono state compiute operazioni con mortai. Quale sarebbe per gli ucraini la motivazione di far fuori un fotografo che era stato presente a documentare anche Maidan assieme allo stesso assistente e interprete Mironov, peraltro noto ex-dissidente antisovietico, attivista e sostenitore dei diritti umani a favore del popolo ceceno e contro lo sterminio compiuto in Cecenia dall’esercito di Putin (motivo per cui era stata uccisa anche la giornalista Anna Politkovskaya, sicuramente non da parte degli ucraini golpisti).

E’ evidente che questi esecutori della disinformazione e della propaganda di regime hanno fatto bene i calcoli, basandosi sull’evidenza di una opinione pubblica italiana tradizionalmente sonnolenta e ideologicamente manipolabile, nonché sulle abitudini di troppi giornalisti che preferiscono attingere alle notizie online per conoscere i fatti, senza doversi recare personalmente sul posto (e questo per evidenti ragioni economiche ma non solo) … Questi calcoli li portano a credere che il primo che alzi la voce con metodo e costanza, argomentando fatti che non esistono, possa far pendere il piatto della bilancia della credibilità dalla parte della menzogna e della disinformazione.

E’ così che gli agenti della disinformazione (comunque si chiamino non meritano neanche la citazione dei nomi) assieme ad una miriade di trolls e replicatori di propaganda preconfezionata fanno scempio, senza alcuna decenza, della cronaca e della storia (sostenendo addirittura l’esistenza di campi di concentramento finanziati dall’UE) nonché del senso di giustizia e del diritto di un popolo di svincolarsi dal giogo che, sin dall’Unione Sovietica di Stalin, la Russia continua a perpetrare su questo Paese.

Ed è, in conclusione, a questo tipo di strategia che fa riferimento il Rappresentante Permanente del Regno Unito presso la NATO, Adam Thomson, nel valutare il livello e la portata dell’informazione sulle politiche di espansione del Cremlino, come un vero e proprio campanello d’allarme per l’Alleanza Atlantica, ed a cui sarà dedicato il vertice NATO che si terrà il prossimo Settembre 2014, che focalizzerà il contrasto alle “nuove tattiche” di guerra. La tesi principale dell’Alleanza sarà incentrata, infatti, su come il conflitto tra Russia e Ucraina mostri chiaramente il ruolo importante che può svolgere la campagna mediatica per ottenere la superiorità in un conflitto militare.

La pericolosa guerra per procura di Putin

di Michael Cohen

Putin sta giocando un gioco pericoloso in Ucraina orientale. Che ieri è fallito malamente. Fin dall’annessione della Crimea all’inizio di quest’anno, il presidente russo ha offerto tacito – e talvolta più diretto – sostegno ai gruppi separatisti filo-russi che combattono il governo ucraino. Anche se Putin sembra aver abbandonato l’idea di un’invasione militare transfrontaliera e ha cercato, senza troppa convinzione, a disimpegnarsi dal conflitto, lui è ancora ben lontano dal prendere distanza dalla collaborazione con i ribelli.

Dopo l’abbattimento di un volo Malaysian Airlines, avvenuto giovedì sul territorio in mano dei ribelli nell’instabile Est-Ucraina, in cui sono rimaste uccise 295 persone, non ha più scelta. Se i ribelli sono responsabili dell’abbattimento del volo 17 (e da tutte le apparenze che sembra essere questo il caso), questi hanno inferto a Putin un colpo molto grave – quello che probabilmente lo costringerà a tagliare i legami con loro o ad affrontare un isolamento economico e diplomatico ancora più pesante. Ma qualunque sarà la scelta che farà, le conseguenze di questa tragedia si ripercuoteranno negli anni a venire.

Questa tragedia dà una lezione pratica sui pericoli di essere troppo accondiscendenti con ribelli che non sono sotto controllo o con i quali manca un chiaro allineamento degli interessi. Questa lezione si estende fino a Washington. Per molti mesi gli strateghi militari da poltrona di Capitol Hill e altrove hanno duramente criticato il presidente Obama per aver rifiutato di armare i vari gruppi di ribelli nella guerra civile siriana. Nelle ultime settimane Obama ha cominciato a prendere in considerazione questa soluzione. Ma il contraccolpo dal sostegno di Putin ai separatisti in Ucraina ricorda che questo tipo di politica porta con sé aspetti negativi reali.

Mentre alcuni di coloro che chiedono aiuto degli Stati Uniti stanno facendo pressione per ottenere missili terra-aria da inviare ai ribelli siriani, la questioneprincipale è sempre la stessa. Insorti armati con armi americane ma che non sono disciplinati dal diritto degli Stati Uniti o che non seguono catene di comando militari americane, possono fare ciò che vogliono: potrebbero facilmente vendere questi armamenti ad altri gruppi più estremi o, peggio ancora, usarli per commettere atrocità contro i diritti umani. Sia gli squadroni della morte in America Latina supportati da aiuti americani nel 1980 e, più direttamente, il massacro di Sabra e Shatila a Beirut commesso da gruppi cristiani alleati con Israele sono esempi tragici di questi rischi. Oppure, come si è rivelato nel caso dell sostegno americano ai mujaheddin afgani negli anni 1980, i combattenti per la libertà di oggi potrebbero un giorno in futuro, rivolgere la loro attenzione, e le loro armi contro l’America.

Ogni situazione è naturalmente diversa, ma già ben prima dell’abbattimento del volo 17, Putin aveva dovuto affrontare una lunga serie di fallout nel suo tentativo di destabilizzare l’Ucraina.

Mercoledì scorso, gli Stati Uniti hanno imposto una nuova serie di sanzioni contro la Russia, che prendono di mira alcune delle principali banche del paese, le imprese della difesa e le compagnie energetiche chiave, tra cui la più grande società petrolifera del Paese, la Rosneft. L’Unione europea ha seguito l’esempio sospendendo nuovi investimenti in Russia da parte della Banca europea per gli investimenti e cercando di fermare i prestiti della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Anche se queste sono una serie di sanzioni più severe rispetto a quelle già in atto, è improbabile che l’impatto sia drammatico, in quanto non c’è mai stata una vera intenzione di imporre dure sanzioni. Tuttavia sono state orientate verso una crescente pressione internazionale su Putin. E indovinate un pò: ha funzionato! La combinazione di sanzioni, instabilità regionale e l’isolamento della Russia ha contribuito a spaventare gli investimenti stranieri e stimolato una grande fuga di capitali dal paese.  Già quest’anno c’è stato un deflusso di capitale di 75 miliardi dollari, più del doppio della quantità del 2013. Con questo ultimo incidente, le previsioni precedenti di 100 miliardi dollari per l’anno sembrano basse. La Russia è già diretta verso la recessione e la crisi che cominciata all’inizio di quest’anno potrà probabilmente solo peggiorare. Sul piano diplomatico, la Russia è più isolata che mai  e i suoi sforzi per portare l’Ucraina nell’orbita russa sono falliti clamorosamente.

Il nuovo presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha firmato l’accordo di associazione con l’UE, che è stato alla base delle proteste a Kiev che hanno scatenato la crisi attuale. Inoltre i continui combattimenti in Ucraina Orientale, e la probabile responsabilità di Putin nel sostegno dei ribelli, ha ulteriormente indirizzato l’Ucraina nelle braccia dell’Occidente. Quindi, prima ancora del disastro aereo, la sconsiderata decisione di Putin di avvolgersi nel mantello del nazionalismo russo stava cominciando a pagare un caro prezzo. E i ribelli nella parte orientale dell’Ucraina sono stati il centro del suo problema. Da un lato, Putin era incapace, o non intenzionato, a controllare i separatisti che hanno innalzato il livello di violenza con l’abbattimento di aerei militari ucraini. Dall’altro, a causa del suo silenzio sulle vittorie militari di Kiev contro i ribelli, è stato criticato dai nazionalisti russi per non aver offerto un pieno appoggio.

Ma questo è già passato. Adesso la capacità di Putin di controllare gli eventi è sicuramente fuori la sua portata, e lui dovrà prepararsi ad affrontare grandi sfide lungo la strada. Se continua a sostenere i ribelli dovrà sicuramente affrontare ulteriori sanzioni (e qualsiasi riluttanza da parte dell’UE per stringere le viti su Putin si sono molto probabilmente concluse con il disastro aereo). La scelta più intelligente per Putin sarebbe quella di abbandonare i separatisti e sopportare l’umiliazione e i giochi della politica interna per essersi tirato indietro anche se, considerando la natura autoritaria del suo regime, è quella che può certamente logorare molto. Ma anche se prende la strada più sicura, la capacità di Putin di prevaricare i suoi vicini sta per essere fortemente vincolata, e si deve credere che sarà piuttosto inibito nel sostenere il prossimo gruppo separatista filo-russo che cerchi il suo sostegno. Inoltre, ogni speranza di un ammorbidimento delle relazioni con l’Occidente è probabilmente scomparsa nel breve periodo. Dopo aver potenziato e sostenuto attivamente i ribelli, Putin si è dimostrato incapace di controllare il mostro che ha creato. Quello che sembrava un modo economico e semplice per la Russia di esercitare influenza in Ucraina si è rivelato un boomerang contro di lui. I guerrieri per procura e i loro potenti sostenitori in tutto il mondo, facciano attenzione!Questo non vuol dire che ogni paese, compresi gli Stati Uniti, dovrebbe rifiutarsi di sostenere altre nazioni o anche gruppi di insorti. Si potrebbe anche sostenere che l’appoggio degli Stati Uniti ai ribelli siriani oggi, nel momento in cui le linee di conflitto sono stabilizzate, è meno pericoloso di quanto non fosse tre anni fa, quando la situazione era più fluida. Ma Obama deve muoversi con cautela e prendere in considerazione le potenziali conseguenze impreviste per gli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti nell’essere coinvolto nelle guerre di qualcun altro. Anche l’impegno degli Stati Uniti da lontano può un giorno esplodere nel giardino di casa. Se non ci credete, basta chiedere a Vladimir Putin.

http://www.politico.com/magazine/story/2014/07/vladimir-putin-russia-proxy-war-ukraine-crimea-109074.html?cmpid=sf#ixzz37mbCuyJC

Ricatto strategico – La tattica del peace-keeper

di Andrei Illarionov

[Andrei Illarionov, economista ed ex consulente dell’amministrazione Putin, ha postato questo blog a Ekho Moskvy alle 07:49 del 5 luglio, probabilmente prima che la notizia della fuga dei separatisti da Slavyansk e dell’ordine di smobilitazione del Col. Strelkov lo raggiungesse].

Le autorità russe hanno attuato un’operazione speciale senza precedenti per dimensioni e risorse utilizzate per ricattare i leader occidentali, la dirigenza ucraina e la società russa, con lo scopo di fermare le forze armate ucraine dal sopprimere i terroristi in Ucraina orientale.

Come risultato di quattro mesi di aggressione contro l’Ucraina, Putin si è ritrovato in bilico ad un bivio che per lui potrebbe rivelarsi fatale:

1. Il rifiuto di un massiccio sostegno militare ai terroristi (ora possibile quasi esclusivamente nella forma di un intervento armato diretto in Ucraina orientale) significherebbe per Putin la perdita di sostegno di massa e la possibilità di una ribellione / sollevazione / colpo di stato in Russia contro di lui come “traditore nazionale della Novorossiya”, con probabile perdita di potere e forse anche della sua stessa vita.

2. L’invasione di forze russe regolari in Ucraina orientale causerebbe un confronto con l’Occidente e di fatto a questo livello con il mondo intero, cosa che garantirebbe la frantumazione della Russia e un inevitabile Norimberga / Hague / Sebastopoli per l’organizzatore del più grande atto di aggressione militare in Europa dal 1945.

La differenza fondamentale di queste due minacce consiste nel fatto che la seconda è garantita, ma a lunga scadenza, mentre la prima è incerta ma potenzialmente immediata. Preso in questo fatidico dilemma, lo zelante Putin haintrapreso una terza via, iniziando una operazione particolarmente rischiosa, al momento, ma che evidentemente gli sembrava essere un’operazione di salvataggio. Ha deciso di puntare al massimo sulla sua opposizione psicologica e militare su Petro Alekseyevich [Poroshenko], cercando di costringerlo a terminare le attività militari ATO [operazione anti-terrorismo] nel Donbass. E a tal fine, al momento attuale:

– vi è un afflusso massiccio di forze e munizioni per i terroristi nel Sud del Paese;

– un lobbying senza precedenti è in corso da parte dei leader occidentali per esercitare pressioni su Poroshenko;

– vengono diffuse voci attraverso tutti i possibili canali secondo cui si potrebbe verificare “nelle prossime 48 ore una “operazione di mantenimento della pace” (peacekeeping) delle Forze armate russe in Ucraina orientale;

– una unione anti-Poroshenko si sarebbe creata all’interno della classe politica ucraina.

C’è uno scopo preciso per tutte queste azioni: fermare l’ATO nel Donbass, ritrarre Putin come un “peace-keeper” e quindi salvarlo da una nuova ondata di sanzioni occidentali, così come da un’esplosione di indignazione da parte della coalizione “Novorossiya ” in Russia.

Se Poroshenko si ritira e ferma l’ATO, Putin sarà salvato. La “Novorossiya” sarà legittimata e stabilita. E questo, naturalmente, sarà ritratta in patria e all’estero come una nuova vittoria eccezionale del leader nazionale.

 

http://www.interpretermag.com/putin-at-fateful-crossroads-on-ukraine-says-illarionov/

Le scelte di Poroshenko

di Euromaidan Italy – Kyiv – 1-07-2014

E’ una posizione complessa quella che ha affrontato da subito il Presidente Poroshenko dopo aver lanciato un forte segnale di distensione con la tregua unilaterale delle Forze Armate ucraine nel Donbass.

Una posizione coraggiosa ma difficile da sostenere anche agli occhi di una larga parte di popolazione che vuole la fine dei conflitti nel più breve tempo possibile ma non vuole che il Paese perda il controllo su quelle regioni, come già avvenuto in Crimea.

E’ questo, in breve, quello che i manifestanti (che si sono riuniti a Maidan per dialogare con le Forze Armate, il Governo, il nuovo Presidente e con i loro rappresentanti) hanno temuto in seguito all’introduzione di determinati personaggi che hanno collaborato con i governi filorussi e che rappresentano chiaramente gli interessi di Putin (come V.Medvedchuk. N.Shufrych e altri) nelle trattative di pace, quali interlocutori del Donbass, secondo quanto più o meno palesemente è stato chiesto dalla Merkel a Poroshenko nel corso degli incontri preliminari alla firma della parte economica dell’accordo di Associazione tra EU ed Ucraina, lo scorso 27 giugno.

Ma è proprio qui che lo spirito indipendentista e la richiesta di dignità della gente, ed in particolare degli attivisti, in Ucraina si scontra con le complesse dinamiche di potere che sottendono il processo politico e quello decisionale dei governi occidentali, ed in particolare degli interessi strategici ed economici di Unione Europea e Stati uniti, per di più con un particolare ruolo giocato dalla Germania e dalla Merkel nell’ambito delle posizioni europee (sulla quali la stessa ha una forte, e non sempre condivisa, influenza).

 In Europa è determinante il ruolo regolatore dell’economia tedesca e questa per mantenere la sua stabilità ha necessità di avere mercati stabili e materie prime a basso costo, come quelle fornite dalla Russia. Sono infatti larghe le fasce di forza lavoro attiva in Germania che dipendono direttamente dall’andamento del mercato russo e dai rapporti con la Russia. E naturalmente né questa stabilità economico-finanziaria, né il consenso della Merkel, né tantomeno il ruolo della Germania in Europa può essere messo a rischio con un sostegno aperto alle urgenze della questione ucraina nel complesso processso di trattative con il regime russo. Un regime che, a sua volta, vede nell’indipendenza ucraina una forte minaccia al potere sinora imposto nell’area oltre che nella gestione privilegiata e senza controlli delle risorse in essa contenute. Il cambiamento dell’Ucraina poi apre chiaramente una grossa crepa nel sistema di potere manovrato da Putin e nel suo consenso personale agli occhi del popolo russo e degli interlocutori politico-economici internazionali (Eurasia e Cina, in particolare).

Dal canto loro gli Stati Uniti guardano però con una certa preoccupazione a queste dinamiche di interessi tra Russia e Germania ed appoggiano un ruolo attivo della Polonia e la costante attenzione della NATO nel quadrante geopolitico avente al centro l’Ucraina a a cui fa riferimento tutto l’Est Europa, dal Mediterraneo al Baltico.

Coinvolto in questo gioco di dinamiche internazionali, politiche ed economiche estremamente complesso si trova il Presidente Poroshenko, incalzato dalle richieste della popolazione, che non vuole più sentirne di influenze esterne e del doppio gioco degli affaristi legati al sistema della corruzione e allo sfruttamento delle risorse ucraine, ma anche esposto al rischio di essere identificato con il suo background oligarchico o, peggio, con il timore di vedersi incollata l’etichetta di essere esponente di una politica debole come quella di cui viene accusato l’ex-presidente Yuschenko, del quale è anche stato ministro.

 E’ molto probabilmente questo lo scenario che si è trovato di fronte Poroshenko, la scorsa sera del 30 Giugno 2014, a pochi giorni dalla firma della seconda parte dell’accordo di associazione rifiutato da Yanukovich (e causa della sua deposizione), durante la Riunione del Consiglio per la Sicurezza e la Difesa Nazionale, allo scadere dei 10 giorni di tregua stabiliti a sostengo delle trattative di pace…. Uno scenario che lascia poche scelte disponibili e che comunque denuncia ancora una volta la grave mancanza di una seria ed unitaria politica estera da parte dell’Unione Europea, che non può certo consentirsi debolezze di questo genere nell’attuale momento storico vissuto dal Continente e da Paesi chiave sul piano degli assetti internazionali ed economici del prossimo futuro europeo e mondiale.

 

La mossa di Putin – Propaganda e Guerra Ibrida

The Economist – Maggio 2014

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Negli ultimi mesi la propaganda russa ha creato una realtà virtuale per giustificare l’annessione della Crimea e modellare i fatti sul terreno. Il racconto è stato esplicito, crudo e fittizio. Una giunta fascista filo-occidentale avrebbe preso il potere a Kiev e minacciato la lingua russa. La Crimea è stata salvata da un intervento tempestivo, ma il sud-est dell’Ucraina è incappato in un conflitto civile culminato con la morte di 40 persone nell’incendio di Odessa, che la Russia ha etichettato come un “esempio del fascismo ucraino”.

Lo scopo di una guerra di informazione non è quello di convincere qualcuno di qualcosa, ma piuttosto di avere persone impegnate in una guerra virtuale”, dice Gregory Asmolov, ricercatore presso la London School of Economics. Si intensifica l’odio e si solidifica il sostegno al regime. Boris Nemtsov, un politico liberale veterano, ha scritto nel suo blog: “Non riesco a ricordare un tale livello di odio generale a Mosca, dal colpo di stato dell’agosto 1991° dallo stand-off di Eltsin al Parlamento nel 1993. L’aggressività viene fomentata dalla televisione … Il Cremlino sta coltivando e premiando gli istinti più bassi nelle persone, provocando l’odio e la lotta. ” La guerra d’informazione della Russia riflette come il regime di Putin dipenda dal controllo dei mezzi di comunicazione e dall’eliminare la concorrenza politica. Dopo aver preso il controllo dei principali canali televisivi all’inizio della sua presidenza nel 2000, ora sta per effettuare un giro di vite persino su internet, fino a poco tempo fa relativamente libero.

Il 5 maggio Putin, che in precedenza ha chiamato Internet un “progetto della CIA”, ha firmato una nuova legge che richiede ai blogger più popolari e ai commentatori con più di 3.000 seguaci a registrarsi come testate. In precedenza, il Cremlino ha chiuso o ha assunto il controllo di diversi siti web indipendenti, e chiuso un noto blog di Alexei Navalny, un politico dell’opposizione che è agli arresti domiciliari, dovendo affrontare una lunga detenzione a causa di accuse fasulle.

Come Andrei Sakharov, dissidente sovietico, ha sostenuto, i regimi irresponsabili e repressivi sono una minaccia non solo per i propri cittadini, ma anche alla sicurezza internazionale. L’esilio di Sacharov nel gennaio del 1980 ha seguito l’invasione dell’Afghanistan ed è stato accompagnato da una massiccia campagna di propaganda. Eppure la fortuna fu che non riuscì nel suo intento. L’anti-americanismo sovietico era stato infatti minato dai fallimenti economici. La carenza di cibo nell’Unione Sovietica rese i benefici dell’Occidente fin troppo evidenti.

Al contrario, la propaganda russa di oggi funziona. E ‘ impermeabile e più accattivante rispetto alla versione grigia dei tempi sovietici, e il popolo è più disposto ad accettarla. Secondo un sondaggio della Public Opinion Foundation, la maggior parte dei russi ha fiducia nei media statali e non vede niente di sbagliato nel manipolare le informazioni di tanto in tanto. Anti-americanismo e revanscismo sfruttano il trauma creato dal crollo dell’Unione Sovietica, che è stato presentato non come un atto di liberazione del proprio popolo, ma piuttosto come una sconfitta inflitta alla Russia dall’Occidente.

Lev Gudkov, responsabile del Centro Levada, un sondaggista, afferma che questo trauma è stato più profondo di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. L’annessione della Crimea alla Russia è ampiamente vista come un segno di rinascita del grande Stato russo e come una vendetta contro l’Occidente. Solo il 3% dei russi disapprova e meno dell’1% non ha alcun senso di vergogna per le azioni compiute dalla Russia.

Per affrontare apertamente l’Occidente, Putin ha anche liberato i russi da un fastidioso complesso di inferiorità. La Russia, ha dichiarato, è stata una civiltà unica che è moralmente superiore per l’Occidente e non deve giustificarsi davanti a nessuno. Un altro motivo per il sostegno delle azioni di Putin è di natura economica.

Come Egor Gaidar, un riformatore economico, ebbe a dire una volta, la nostalgia post-imperiale della Russia non è fiorita in un momento di difficoltà economica, ma dopo diversi anni di crescita dei redditi, gran parte dei quali è il risultato del rialzo dei prezzi del petrolio. Eppure i limiti del modello della Russia sono stati messi a nudo dopo che Putin è tornato al Cremlino per il suo terzo mandato presidenziale nel 2012. Un’ondata di proteste di piazza da parte della classe media urbana ha infatti svelato il desiderio di modernizzare lo Stato. L’annessione della Crimea alla Russia e un intervento nella parte orientale dell’Ucraina è, in effetti, una alternativa alla modernizzazione.

Un gruppo di truffatori e ladri, come Russia Unita, il partito di governo del Cremlino, è oggi un gruppo di costruttori dell’impero e Putin viene visto come un “liberatore” di terre russe. La corruzione, tema centrale fino a pochi anni fa, è passata in secondo piano.

L’aggressione militare in Ucraina faceva parte di un più ampio confronto con l’Occidente, Rogov sostiene, guidato in gran parte dalla necessità di rafforzare il regime e il suo sistema paternalistico. Putin ha consolidato il sostegno di coloro che beneficiano di rendite petrolifere: milioni di dipendenti statali, pari a quasi un terzo della forza-lavoro russa. Questo potrebbe spiegare perché il sostegno delle azioni del Cremlino è più forte tra la classe di burocrati più istruita. “In sostanza vogliono che questo sistema, dove i loro redditi continuano ad aumentare, senza troppo sforzo da parte loro, continui”, sostiene Rogov. E spiega anche perché la maggior parte dei russi non era preparata a supportare il costo reale di una guerra in Ucraina in termini umani e finanziari. Prima dell’ ultima concessione di Putin, i cittadini russi stavano diventando ansiosi per la prospettiva di un concreto spargimento di sangue e di un duro colpo economico determinato dalle sanzioni occidentali sempre più severe. Un grave conflitto avrebbe comportato il coinvolgimento militare della Russia e le relative sanzioni che avrebbero irrimediabilmente danneggiato l’economia. Putin ha mostrato poco rispetto per qualsiasi processo democratico, ma ha sempre prestato attenzione ai sondaggi che lo riguardavano.

Niente di tutto questo significa che il lungo e preoccupante capitolo della vicenda ucraina sia finito. Putin ha una mole di strumenti a sua disposizione per destabilizzare l’Ucraina instabile e lontana dall’Occidente. Né tantomeno lo stato d’animo aggressivo alimentato da Putin potrà essere facilmente essere gestito. Invece, potrebbe piuttosto riversarsi contro i “traditori” e “i quinti giornalisti” di casa. La logica della suspense è che una certa calma venga seguita da più tensione.


http://www.economist.com/news/europe/21601899-russian-presidents-unexpected-concessions-ukraine-reflect-fact-he-has-already-got?zid=307&ah=5e80419d1bc9821ebe173f4f0f060a07

ESERCITO COMUNE EUROPEO, SE NON ORA QUANDO?

di Olivier Dupuis

A cent’anni esatti dall’inizio del primo conflitto mondiale, la guerra si avvicina di nuovo ai confini europei. La catastrofe umanitaria in Siria è fuori controllo da anni, la Russia porta avanti una politica aggressiva di espansione, in Ucraina e non solo, la Libia brucia. Questo è il momento, per l’Unione Europea, di fare qualcosa di più che stare a guardare. È quanto mai urgente, oggi, costruire un esercito europeo che sia qualcosa di diverso dalla semplice somma degli eserciti nazionali, da impiegare per portare avanti una vera politica estera e militare comune.

L’inesistenza strategica dell’Europa, tragedia in quattro atti Continua a leggere

FOCUS UCRAINA: Gli oligarchi, la debolezza dello stato ucraino e il conflitto in corso

Un’analisi dettagliata dei nessi tra le privatizzazioni condotte dopo l’indipendenza, il sistema oligarchico, i reiterati tentativi di “putinizzazione” dell’Ucraina, la debolezza di fondo del suo stato, il nazionalismo e il paternalismo di stampo sovietico, e alcune delle dinamiche fondamentali del conflitto in corso.

Rispetto a quella di altri paesi post-sovietici la vita politica in Ucraina ha l’aspetto di un colorito ballo in maschera con innumerevoli partecipanti. Secondo lo storico Mikhail Piskunov i motivi di questo fatto vanno cercati nelle peculiarità del processo di privatizzazione in Ucraina e nelle peripezie delle lotte tra i gruppi politico-economici.

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